Rotundo Morale Etico
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Incontro con d. Nicola Rotundo

L’Intelligenza Artificiale (IA) «riguarda le persone soprattutto per tutto ciò che inerisce i rapporti sociali, i rapporti economici e così via: temi propri, questi inventariati, della così denominata dottrina sociale della Chiesa».

Il libro

Questo è il principio che ha guidato Nicola Rotundo, presbitero dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro- Squillace, già docente di teologia morale presso la PFTIM di Napoli e attualmente cultore della materia presso l’Università della Calabria su tematiche legate all’etica, nella realizzazione di questo agile libro (N. Rotundo, Intelligenza Artificiale. Un punto di vista etico-sociale, Armando Editore, 2024, p. 84, € 10,00) impreziosito dalla prefazione del Prof. Gianluigi Greco (presidente AIxIA); non un trattato sistematico ma un percorso solido e consequenziale attraverso la complessità dell’IA. Per ognuna delle tematiche scelte, Rotundo offre una visione, suggerisce tracce di ricerca la cui comune radice è la visione cristiana dell’uomo, creatura dotata di anima e Spirito.

Il percorso tracciato si avvia dalla definizione di coscienza morale, passa per le conseguenze ecologiche ed economiche dell’IA per giungere al piano giuridico e di privacy. Dopo l’esposizione dell’approccio magisteriale, giunge a conclusione con un’ottica “sapienziale”.

Fin dalle prime pagine viene ribadito il concetto portante del libro: l’uomo è l’unico capace di prendere decisione etiche e non può delegare questa responsabilità. È il motivo per cui richiede la trasparenza dell’IA, la possibilità di spiegare i suoi processi interni per conoscere il suo comportamento in situazioni critiche (le situazioni etiche critiche sono, ad esempio, quelle descritte in D. Edmonds, Uccideresti l’uomo grasso? Il dilemma etico del male minore, Raffaello Cortina Editore, 2014). Interessante è l’accento sul costo ambientale dell’IA, un pericolo spesso taciuto che rischia di vanificare ogni sforzo contro il cambiamento climatico (E. Mattei, Elementi di cultura digitale cristiana, Phronesis, 2024, pp. 237-244).  La distinzione fra mezzo e fine chiama in causa aspetti teologici che Rotundo risolve spesso ricorrendo a Tommaso d’Aquino: importante è orientare ogni azione verso il bene ultimo che è Dio. È l’occasione per parlare di limiti: per l’uomo e per la tecnologia. La chiusa del libro è un invito a riscoprire un approccio sapienziale perché senza la conversione dell’uomo non è possibile il raggiungimento di alcun bene comune.

Il libro vuole suscitare riflessioni, approfondimenti, dibattiti e noi ci siamo lasciati interrogare e abbiamo rivolto alcune domande all’Autore.

Le domande

Trascendente Digitale: Quando afferma che «non è possibile riprodurre, con l’Intelligenza Artificiale e con algoritmi se pur sofisticati, il dinamismo della coscienza morale della persona» sembra togliere fondamento all’algoretica, all’etica dell’IA.

Nicola Rotundo: Per avere un’idea dell’attualità e della complessità relativa alla coscienza morale, è sufficiente visionare il recente fascicolo monografico della Rivista Salesianum (LXXXVI | 2024 | 3) intitolato «Figure di coscienza in teologia morale», oppure leggere il volume che Nicola Di Bianco ha pubblicato sul tema dell’IA e sulle sue correlazioni con la coscienza morale (edizioni La Valle del tempo di Napoli). In particolare, ai contributi presenti in Salesianum, pur riscontrando una certa convergenza tra le varie “figure di coscienza”, di cui i diversi autori parlano, emerge una difficoltà a dare una definizione univoca della coscienza, anche tenendo conto della differenza tra coscienza psicologica (come consapevolezza-di e autoconsapevolezza) e coscienza morale (libera e ponderata decisione di fare/non fare una certa cosa, alla luce di un orizzonte morale ideale, anche di tipo religioso). Aggiungo anche che un recente studio di Michele Farisco, evidenzia che la sola prospettiva di una coscienza artificiale sollevi degli interrogativi etici rilevanti, quali ad esempio lo studio delle condizioni per considerare un sistema artificiale come eventuale soggetto morale (Cf. M. Farisco, «The ethical implications of indicators of consciousness in artificial systems», in Developments in Neuroethics and Bioethics 7, 2024, 191-204): chi parla di algoretica, intende implicitamente, rispondere “sì” alla possibile coscienza morale e alla soggettività di un sistema informatico-digitale. Il mio accento è, quindi, volto alla formazione etica di coloro che sviluppano e utilizzano questa tecnologia (nella linea della differenza tra persona e macchine, seppur sofisticate e informatiche); ciò ha riverberi soprattutto nell’ambito della cosiddetta neuroetica, per evitare il rischio di un riduzionismo antropologico.

Trascendente Digitale: Mette in guardia dal pericolo dell’IA come black-box, cioè l’impossibilità di comprenderne il funzionamento interno. Eppure è proprio questa capacità di fornire esiti attraverso elaborazioni impreviste e imprevedibili a decretare il successo e l’utilizzo dell’IA. Perché spendere così tanto tempo per capire come funziona un’IA?

Nicola Rotundo: Il tempo investito per comprendere i meccanismi di funzionamento dell’IA permette di poter garantirne il governo da parte dell’essere umano che, è bene ricordare, ne resta l’inventore e il produttore, oltre che il gestore della stessa, evitando il rischio di uno sviluppo tecnologico autogenerativo, che sarebbe finalizzato solo alla massimizzazione del profitto a scapito del bene comune. L’orientamento verso il vero bene del genere umano deve guidare l’impiego dei beni e dei mezzi materiali – tutti, anche quelli tecnologici e digitali – verso l’autentico sviluppo della persona umana, guidato dalla Sapienza, intesa come caratteristica del Divino, partecipata all’essere umano, che Dio ha fatto di poco inferiore agli angeli, come leggiamo nelle Scritture.

Trascendente Digitale: Un altro tema di attualità affrontato è quello della responsabilità. Nella sanità, i sistemi diagnostici sono integrati con l’IA e siamo clementi con gli errori perché sappiamo che siamo all’interno di un processo di perfezionamento degli strumenti. È un atteggiamento sbagliato o dovrebbe essere esteso a tutte le situazioni?

Nicola Rotundo: Attualmente, i così detti AI bias, vengono “tollerati” – perfino in ambito sanitario – poiché vi è comunque una supervisione umana che permette appunto una verifica dei dati elaborati dai LLM. Ovviamente non deve essere usata la persona umana come “cavia” per l’applicazione dell’IA: in questi specifici casi, ricordiamo che la sperimentazione su esseri umani è possibile, ma solo se i Comitati etici territoriali l’hanno approvata e se l’arruolamento delle persone in studi medico-tecnologici è avvenuto a seguito di chiaro, analitico e preciso “consenso informato”. L’IA è uno strumento veramente utile, particolarmente in ambito medico-sanitario, tuttavia, se lasciato in totale autonomia, può condurre al rischio di distorsioni a danno della singola persona e del genere umano. Andrebbe sempre ben integrata con gli “strumenti diagnostici immateriali” del medico, dell’operatore sanitario, ovvero con tutto ciò che ruota attorno alla semeiotica, disciplina con la quale si possono cogliere anche piccole “sfumature” spesso indispensabili per una accurata diagnosi, disciplina la quale dubito fortemente possa essere sostituita da un algoritmo. Appare quindi necessario mantenere una visione antropocentrica ed uno sguardo al Trascendente nello sviluppo di ogni tipo di tecnologia, perché rimangano sempre strumenti e non si trasformino in fine. Dal mondo bioetico medico ci è stata già evidenziata l’opportunità di elaborare delle linee guida che siano offerte alla “libera decisione” di enti e istituzioni che operano in ambito sanitario. A livello bio-giuridico, il Regolamento UE 2024/1689, che stabilisce norme armonizzate sull’IA, ha cercato di fornire agli sviluppatori e agli operatori dei requisiti e degli obblighi chiari per quanto riguarda gli usi specifici dell’IA.

Trascendente Digitale: Lei auspica dei limiti allo sviluppo dell’IA. La storia insegna che quando la Chiesa ha cercato di governare la ricerca scientifica, ha quasi sempre avuto torto: creazionismo ed eliocentrismo fra tutti. Perché questa volta dovrebbe essere diverso?

Nicola Rotundo: La Chiesa non pensa di governare la ricerca scientifica, né propone un’etica dei limiti e dei divieti; ma vuole offrire il proprio apporto per l’ampliamento dell’orizzonte decisionale della persona umana: possiamo dire che la scienza teologica e quella morale in particolare, al pari delle altre scienze, può contribuire a pieno titolo a orientare l’IA verso i principi del bene comune. Non si tratta, quindi, di porre dei limiti, da intendersi come una contrapposizione all’IA: si tratta di fornire delle linee o dei contorni, che, ampliando gli orizzonti di valutazione e problematizzando le diverse possibilità, permettano di escludere le derive e consentano decisioni libere e, come suggeriva Hans Jonas, responsabili. Infatti il Papa al G7 in Puglia, ha ricordato che «il cosiddetto “algoritmo” non è dotato né di oggettività né di neutralità», ovvero ha ricondotto al soggetto antropico il primato nell’orientamento di ogni ricerca e di ogni applicazione; la Chiesa quindi intende porsi come faro che illumina anche su quali sono i limiti che l’IA reca in sé, perché essa è veramente «uno strumento affascinante e tremendo».

Trascendente Digitale: Il Magistero afferma che la tecnologia è un dono di Dio. Che conseguenze ne possiamo trarre? Quale responsabilità dobbiamo assumere?

Nicola Rotundo: Il Magistero sociale della Chiesa, sin dai tempi dell’industrializzazione, avvenuta nella seconda metà dell’Ottocento, ha sempre suggerito vie per evitare che ogni innovazione si ritorcesse contro l’essere umano e la sua dignità, nonché sul suo habitat e la “casa comune”, richiamando il mistero dell’essere umano e ponendolo dinnanzi agli occhi di tutti.  È questo il grande dramma del moderno e postmoderno sviluppo: la persona rischia di divenire schiava di ciò che essa stessa ha prodotto; l’essere umano che, per statuto ontologico, è “ciò che di più perfetto esiste in tutta la realtà”, anzi è colui che il Signore e Creatore dell’Universo ha posto per donare compimento alla creazione e indirizzarla verso il suo fine, rischia sempre di diventare egli stesso “mezzo di produzione”, trasformando il fine in un mezzo. È quindi necessario rinnovare e perciò innovare il mondo della ricerca informatica e digitale, dell’economia e del lavoro. Per farlo in modo autentico e quindi autenticamente etico, credo fermamente si debba riaprire il dialogo tra i saperi empirico-sperimentali e meta-empirici, e superare il paradigma scientifico imposto da una certa modernità: una razionalità chiusa a priori all’orizzonte di senso, indicato dalla filosofia e dalla teologia, non è stata, non è e non sarà sufficiente a sostenere un reale progresso che, cioè, sia a vantaggio dello sviluppo integrale della persona umana, come indicato costantemente dal cosiddetto Magistero sociale della Chiesa.

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