conquista del tempo

La conquista del tempo

Quanto i Tech Tycoon stanno facendo per la “conquista dello spazio” è notizia frequente, roboante e altisonante. Adesso, lo sappiamo bene, c’è Marte nel mirino, magari per costruire un trampolino di lancio per chissà dove.

Più di nicchia sono invece gli aggiornamenti per l’impresa-gemella della “conquista del tempo”, un viaggio a bordo di dispositivi nanometrici all’interno della nostra biologia. Sì, perché, come recita un adagio della moderna mitologia, “i giovani sognano di essere ricchi e i ricchi sognano di essere giovani” e siccome molti ricchi, oggi, appartengono al mondo della tecnologia, l’adagio svela come tra i tech tycoon si sia sparsa la pazza idea di evitare d’invecchiare, con incredibili investimenti nelle sperimentazioni sul ringiovanimento cellulare. Lo fanno per loro stessi quindi, a seguire, per tutti gli altri. Dai pingui portafogli di Mister Amazon Jeff Bezos, di Sam Altman, una delle menti di ChatGPT, di Peter Thiel di PayPal fluiscono milioni di dollari per le ricerche anti-aging. Larry Page co-fondatore di Google, Yuri Milner plurinvestitore tecnologico, Brian Armstrong Ceo di Coin-Base, olimpo delle cripto-valute, fendono la stessa onda. Le aziende costituite o foraggiate da costoro brillano certo d’iniziativa e le denominazioni sono già un programma: Retro Biosciences, per mettere la marcia indietro ai processi biologici; NewLimit, per abbattere la barriera dei 120 anni di vita; Juvenescence; Insilico Medicine e così via, sotto l’occhio vigile dell’inarrivabile, quanto a nome, Metuselah Foundation. L’approccio per risolvere il “problema” è ovviamente informatico, con evidente deformazione professionale. Così si parla di bio-hackeraggio, ri-programmazione genetica, gameficazione… ed è davvero difficile capire se si tratti di un gioco o di cose serie.

Questo dubbio vale soprattutto per il “caso Bryan Johnson”, altro magnate tech che elargisce 2 milioni di dollari annui a un progetto che non sperimenta sui topi, ma su una cavia unica, cioè su se stesso, facendo del proprio corpo una specie di kit vivente del gioco L’allegro chirurgo. Con un team di 30 medici e le strumentazioni più innovative monitorizza sistematicamente, uno ad uno, tutti i propri organi interni e i parametri biometrizzabili: dal volume della sostanza bianca nel cervello alla potenza di minzione. E interviene farmaceuticamente non appena si accende una spia di deperimento, con un’attenzione speciale ai trattamenti per la pelle e qualche intervento extra, come la recente trasfusione di sangue giovane (del figlio). E poi stile di vita salutista con dieta supervegana, condita da un centinaio di integratori al giorno, a seconda di quel che il corpo chimicamente necessita e non di quel che vagheggia sfiziosamente la mente. Sostiene d’invecchiare 277 giorni all’anno: “ottobre, novembre e dicembre li ho gratis” ironizza, avendo già “risparmiato”, da inizio trattamento, 3 anni di età epigenetica sui suoi 47 effettivi. Il bollettino medico mensile e le foto sul suo sito Blueprint, dove campeggia un mastodontico “Don’t die”, con il beneficio di ogni dubbio, sembrerebbero attestarlo. Il post del 13 gennaio 2025 è intitolato: “Sono la persona più sana del pianeta”.

A chi critica il suo regime alimentare ribatte che una società piena di fast food e bombardata da pubblicità nociva “non sta bene mentalmente; e poi sarei io quello strano”.

A chi gli chiede se si conceda mai qualche vizio confessa che il suo Bryan serale era piuttosto birbante, ma, dopo un confronto con il Bryan mattutino, il Bryan notturno e gli altri, si è ravveduto convintamente.

A chi vuol sapere se consiglierebbe il suo stile agli altri replica che non solo agli esseri umani, ma allo stesso pianeta, dopo averne rilevato i dati, occorrerebbe chiedere: “Terra, cosa ti serve per essere la versione ottimale di te stessa?”.

Sono risposte un po’ disorientanti, e sconcertante è l’intera epopea dell’Eldorado longevista, dove i migliori ricercatori del settore sono contesi e ingaggiati a peso d’oro dalle aziende come le squadre arabe fanno con i fuoriclasse del pallone. Qui le star rispondono, ad esempio, ai nomi di Shinya Yamanaka, Nobel della Medicina 2012 per la riprogrammazione delle cellule adulte; Jennifer Doudna, Nobel della Chimica 2020 per la tecnica di editing genomico CRISPR-Cas9; Joe Betts-LaCroix, genietto poliedrico, nel Guinness dei primati per il computer più piccolo al mondo. Nonostante il coinvolgimento di simili autorità, la stragrande maggioranza della comunità scientifica guarda con scetticismo, se non con sospetto, questo genere di ricerca. A volte anche con sufficienza e sarcasmo, che accende la miccia del dileggio avverso racchiuso in massime del tipo: “ringiovanire è impossibile come andare sulla Luna” oppure: “accettare d’invecchiare è un pensiero da vecchi”.

Criticità ancora maggiori rispetto alle obiezioni scientifiche sollevano poi le riflessioni etiche: perché non spendere tutti questi soldi per iniziative più necessarie e umanitarie? Perché non rispettare i cicli e le fragilità naturali? La conseguente sovrappopolazione e il collasso ecologico non sarebbero problemi maggiori? I ricchi potranno permetterselo, ma gli altri?

Da un punto di vista teologico, tuttavia, la riflessione etica viene in secondo luogo e magari avrà anche il suo daffare per non scivolare nel paradosso di difendere strenuamente il cosiddetto “fine vita” e poi censurare gli sforzi di coloro che, la vita, intendono prolungarla il più possibile.

La riflessione etica viene tuttavia in secondo luogo perché, come ben ribadisce il Concilio Vaticano II, il primo luogo è da riservare alla riflessione ontologica. E probabilmente, da questa punto di vista, la lettura del fenomeno dell’estensione della vita è teologicamente positiva per duplice motivo. È teologicamente positiva in sé perché la “conquista del tempo” e la “conquista dello spazio” rappresentano forse i manifesti più emblematici dell’ingegno e dell’intraprendenza umana che, lungi dall’essere in rivalità con il Creatore, sono piuttosto un “segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno” (GS 34). È poi teologicamente positivo anche l’impatto che tale segno dei tempi ha nell’opinione pubblica non necessariamente addentro agli approfondimenti magisteriali. La reazione comune di ogni pubblico a cui viene presentata per la prima volta l’ipotesi del prolungamento indefinito della vita è piena di sarcastici sorrisini e contrariati scotimenti del capo. Non è derisione della ricerca scientifica, piuttosto è espressione del sentimento di star calpestando un terreno sacro, riconoscendo, più o meno esplicitamente, che la vita è una grazia che ci oltrepassa. Tutta l’umanità, giunta al punto o sfidata a porsi la questione, se ne rende conto.

Per una conclusione in linea con la riflessione, poi, è sufficiente un “seme di logos”, senza dover scomodare il Logos vero. Dinanzi al pensiero di poter vivere 50, 100 o 200 anni viene infatti in mente il frammento di Menandro reso celebre dalla citazione di Seneca: “esigua è la parte di vita che viviamo veramente, il resto è soltanto tempo”.

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