Negli scorsi giorni Marcello Veneziani è intervenuto sulla stampa (“La Verità”, 31 gennaio) con un’interessante riflessione intitolata in prima pagina “L’Intelligenza artificiale è tecnologia che sogna di farsi teologia” e prosegue all’interno (p. 13) con il titolo “L’intelligenza artificiale senza freni ostituirà prima l’uomo e poi il divino”.
L’intervento si articola come un preoccupato avvertimento sul futuro dell’IA che potrebbe anche dissipare “il mistero e il destino dell’essere”.
I motivi dei timori sono elencati distesamente e trovano il loro vertice nella
“domanda delle domande: ma siamo sicuri che qualcuno effettivamente controllerà l’intelligenza artificiale, o alla fine sarà l’intelligenza artificiale a dominare su tutti, a espandersi per conto suo, incontrollata, scrollandosi di ogni potere umano?…
Viviamo tutti, se consapevoli, un triplice disagio: la percezione che la materia sopravanzi i suoi confini, i suoi attori, i suoi stessi fabbricatori, esondi dai nostri poteri e dalle nostre facoltà e cancelli il nostro mondo; che gli esiti di questa espansione siano imprevedibili e incontrollabili anche per via della rapidità con cui avvengono e che supera la nostra capacità di comprendere e metabolizzare i suoi effetti; e infine che vi sia un’incapacità non solo intellettuale e psicologica, ma anche etica, culturale e vorrei dire perfino metafisica, per riconoscere e stabilire confini alla sua avanzata: quando è bene, quando è male, fino a che punto è utile, da che punto è nociva”.
La riflessione prende versanti di natura socio-politica che non ripercorriamo, per concentrarci su quelli antropologici e teologici, dove si esprime “la tecno-angoscia che coglie le persone, almeno le più consapevoli”.
“Il tema ultimo che si intravede sullo sfondo è sull’essenza dell’intelligenza artificiale, non solo se sostituirà l’umano o ne espanderà le facoltà ma anche il quesito: l’intelligenza artificiale sostituirà l’umano o sostituirà il divino, diventerà il dio onnipotente al posto del Dio noto e ignoto che viene dalla storia dell’umanità? Azzardiamo una previsione: se non viene governata col sapere e col potere, l’intelligenza artificiale prima renderà obsoleto l’umano e poi lo sostituirà; e dopo aver sostituito l’umano e il suo mondo reale sostituirà il divino, e dissiperà il mistero, il senso, il destino dell’essere. La fine dell’umano coincide con la fine del divino. La tecnologia si farà teologia.
A quel punto, ci azzardiamo a pensare, avverrà qualcosa d’imprevisto che sorgerà dal fondo imperscrutabile del mistero, e ricondurrà all’ordine di un’intelligenza Soprannaturale. Ecco la sfiducia fino alle cose penultime, la fiducia nelle cose ultime. Ma nell’attesa non si può restare con le mani in mano”
Questa conclusione, così come l’intera riflessione, è senza dubbio frutto di una coscienza cristiana dotata per di più di una consapevolezza teologica non superficiale.
Proprio per questo interpella ancor più la responsabilità della Chiesa e dei teologi. Perché a oltre mezzo secolo dal Concilio Vaticano II non siamo ancora riusciti a diffondere il cuore pulsante del suo messaggio?
La frase in cui si incastona simbolicamente lo spirito della Chiesa conciliare è in Gaudium et Spes n. 34: “I cristiani non si sognano nemmeno di contrapporre i prodotti dell’ingegno e del coraggio dell’uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono persuasi piuttosto che le vittorie dell’umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno”.
La traduzione italiana dell’espressione latina nedum arbitrentur con “non si sognano nemmeno” rende singolarmente efficace il concetto: la convinzione che il frutto dell’ingegno e del coraggio umano – nella fattispecie l’Intelligenza artificiale – sia in contrapposizione con il proposito o il disegno divino è incompatibile con la visione cristiana. È impensabile per il cristiano.
I timori istillati da chissà quale fonte o solo sgorgati da noi stessi devono essere vinti da questa certezza: i prodotti dell’ingegno umano sono segno della grandezza di Dio. Per il fedele, l’Intelligenza artificiale frutto dell’ingegno e dell’arte umana non sostituisce il divino, non ne prende il posto, piuttosto ne manifesta di per sé la bontà e la grandezza.
Forse però una frase dell’intervento da cui siamo partiti, sebbene al di là delle intenzioni del suo autore, ha qualcosa di teologicamente ispirato: “la tecnologia si farà teologia”. Accadrà quando, eliminata ogni ombra di contrapposizione, si riconoscerà pienamente che i frutti dell’ingegno umano, come insegna il Concilio, sono una nuova figura attraverso cui Dio si manifesta.
Lascia un commento