Andrea Vaccaro continua la riflessione per la fondazione di una teologia della tecnologia. La prima parte è stata pubblicata il 17 dicembre 2024. La seconda parte è stata pubblicata il 15 gennaio 2025. Il grassetto nelle citazioni è dell’Autore
3. La tecnologia è spirituale
La tecnologia «può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo» afferma la Gaudium et spes n. 57. E con il Decreto Apostolicam actuositatem n. 7, il Concilio Vaticano II ribadisce che, «ponendo un’eccessiva fiducia nel progresso delle scienze naturali e della tecnica, non pochi inclinano verso una specie di idolatria delle cose temporali». A distanza di circa venti anni, papa Giovanni Paolo II, nella Sollicitudo rei socialis n. 29, rileva, in collegamento con la tecnologia, «il pericolo dell’abuso consumistico e l’apparizione di necessità artificiali». Con maggior severità, papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate n. 76 avverte che: «l’assolutismo della tecnica tende a produrre un’incapacità di percepire ciò che non si spiega con la semplice materia».
Sembrerebbe di avere attestazioni sufficienti per fondare una dottrina tecnologica della Chiesa sul principio per cui la tecnologia è materialistica e favorisce una visione e uno stile di vita materialistico. E invece, con una certa sorpresa, approfondendo si scopre che proprio sul principio contrario dovrebbesi fondare una dottrina tecnologica della Chiesa.
Innanzitutto occorre allargare lo sguardo sui passi appena citati.
Quando la Gaudium et spes avverte del rischio di fenomenismo e agnosticismo fomentato dal progresso tecnico tiene subito a precisare che tuttavia queste tendenze «non necessariamente» accadono. Giovanni Paolo II, dopo aver riconosciuto il pericolo dell’abuso consumistico collegato alla tecnologia, ben si preoccupa di rimarcare che però essa rimane «un dono di Dio». Benedetto XVI, infine, non parla propriamente della tecnologia, ma dell’ideologia dell’assolutismo tecnologico, che è cosa diversa e che, come ogni ideologia, ha una natura estremizzante che pregiudica le prospettive.
Peraltro in tutti questi passi in cui si avvicina la tecnologia al materialismo è da notare il carattere ipotetico dell’argomentazione: si parla di possibilità, inclinazione, tendenze, pericoli correlati alla tecnica, ma non della tecnica in se stessa. Quando si parla della tecnica in sé, la valutazione muta decisamente verso. E muta pure il modo verbale che dal condizionale passa all’indicativo, o addirittura all’imperativo. In tutti i documenti magisteriali, unanimemente, si riconosce infatti il carattere spirituale della tecnica o, quantomeno, la sua funzione di aprire alla realtà spirituale.
Seguiamone le fasi.
Giovanni XXIII, nella Pacem in terris nn. 1-2, assegna alla tecnica un triplice ruolo di valore inestimabile: «I progressi della scienza e le invenzioni della tecnica attestano come negli esseri umani e nelle forze che compongono l’universo regni un ordine stupendo; e attestano pure la grandezza dell’uomo, che scopre tale ordine e crea gli strumenti idonei per impadronirsi di quelle forze e volgerle a suo servizio. Ma i progressi tecnici e le invenzioni tecniche manifestano innanzitutto la grandezza infinita di Dio che ha creato l’universo e l’uomo… intelligente e libero, a sua immagine e somiglianza, costituendolo a Signore dell’Universo». Ecco esposte le tre funzioni spirituali della tecnica: attestare che nella realtà materiale regna un Logos; attestare che l’essere umano con la propria ragione donatagli da Dio scopre tale Logos; infine, manifestare l’esistenza e la grandezza di Dio, garante del Logos che si riflette nel Creato e nell’intelletto umano.
Nei passi citati all’inizio, la tecnologia sembrava inclinare verso il materialismo, ma la corretta prospettiva consiste nel riconoscervi un’apertura maestosa lungo la via che porta al Logos. Si potrebbe forse sintetizzare, mutuando da Louis Pasteur, che poca tecnologia allontana da Dio, ma molta tecnologia riconduce a Lui. Sia detto nel senso che uno sguardo superficiale alla tecnologia allontana da Dio, mentre una riflessione profonda sulla tecnologia a Dio riconduce in maniera privilegiata.
La Gaudium et spes n. 57 illumina un altro motivo spirituale insito nella tecnica: essa aiuta l’essere umano nel proprio lavoro, alleggerendolo da fatiche più bestiali che umane, cosicché, in virtù di essa, «lo spirito umano, più libero dalla schiavitù delle cose, può innalzarsi con maggior speditezza al culto e alla contemplazione del Creatore». In questo senso la tecnica è spirituale perché libera l’essere umano dalla “schiavitù delle cose”, cioè dalle necessità materiali, e gli dona il tempo per volgersi verso ciò che veramente vale. Lasciamo che la tecnica si preoccupi e si affanni per molte cose, l’essere umano, grazie al suo servizio, può scegliere la parte migliore, quella che non viene tolta. Questo passo della Gaudium et spes è citato da Paolo VI nella Populorum progressio n. 41 e da Benedetto XVI nella Caritas in veritate n. 69.
Nel Radiomessaggio a tutti i popoli dell’Asia tenuto da Paolo VI nelle Filippine il 29.11.1970 la tecnologia rappresenta ancora lo spirituale che si emancipa dal materiale: «la scienza e la tecnologia sono prova della conquista dell’ordine materiale da parte dello spirito umano».
Con papa Giovanni Paolo II il principio deflagra.
Innanzitutto una sua precisazione non scontata sulla genesi della tecnica: la tecnica deriva direttamente dal logos umano che partecipa del Logos divino, essa è «generata dal pensiero» (Laborem exercens n. 5) e tale generazione non può che certificare la sua natura spirituale. Essa «è il frutto del lavoro e dell’intelletto umano» ribadisce nel Discorso ai lavoratori di Pusan nella Corea del sud del 5 maggio 1984, dove anche ricorda l’altro principio: «certo, noi cristiani siamo convinti che i successi della razza umana nell’arte, nella scienza, nella cultura e nella tecnologia sono un segno della grandezza di Dio e la manifestazione del suo misterioso disegno».
L’apporto spirituale maggiore della tecnologia, tuttavia, per Giovanni Paolo II è un altro: suscitare le domande fondamentali e la ricerca di Dio. «La nuova tecnologia costringe la nostra generazione a trovare la fondazione delle grandi norme morali e a porsi così gli interrogativi decisivi sulla natura dell’uomo» declama nel suo Discorso con i giovani della Romagna tenuto a Ravenna nel maggio 1986 e nell’enciclica Redemptoris missio lo ribadisce senza sconti: anche «un tipo di sviluppo economico e tecnico senz’anima, pur sollecita a ricercare la verità su Dio, sull’essere umano, sul significato della vita». La Veritatis splendor n. 1 opera la sintesi: «Lo sviluppo della scienza e della tecnica, splendida testimonianza delle capacità dell’intelligenza e della tenacia degli uomini, non dispensa dagli interrogativi religiosi ultimi l’umanità, ma piuttosto la stimola ad affrontare le lotte più dolorose e decisive, quelle del cuore e della coscienza morale».
Benedetto XVI, nella Caritas in veritate n. 69, prima ricorda che nella tecnica «si esprime e si conferma la signoria dello spirito sulla materia», poi aggiunge che essa «manifesta l’uomo e le sue aspirazioni allo sviluppo, esprime la tensione dell’animo umano al graduale superamento di certi condizionamenti materiali». Non mancano i motivi di preoccupazione, ma pur in essi il papa riconosce che «la tecnica attrae fortemente l’uomo, perché lo sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l’orizzonte» (n. 70).
La summa di Benedetto XVI sembrerebbe mettere la parola finale nella considerazione magisteriale sul ruolo della tecnologia nel superare il piano materiale e convertire a quello spirituale. Solo papa Francesco, forse, avrebbe potuto aggiungere un altro tassello a tale quadro. L’aspetto che papa Francesco iscrive nel valore spirituale della tecnologia riguarda la capacità di suscitare un sentimento di bellezza, che provoca stupore e il salto oltre il piano materiale. Il papa lo annota nella Laudato si’ n. 103: la tecnoscienza «è anche capace di produrre il bello e di far compiere all’essere umano immerso nel mondo materiale, il ‘salto’ nell’ambito della bellezza».
Sintetico riepilogo: solo a uno sguardo superficiale la tecnologia può apparire un frutto e un testimone del materialismo; l’approfondita e ispirata riflessione magisteriale insegna invece che la tecnica è un frutto dello spirito e suo testimone. La tecnologia è spirituale perché:
- attesta il Logos nel cosmo
- manifesta il misterioso disegno di Dio
- è generata dal pensiero
- prova la superiorità e la signoria dello spirito sulla materia
- libera l’essere umano dalla schiavitù dei bisogni materiali e gli consente di convertire lo sguardo verso Dio
- non dispensa, bensì sollecita, anzi costringe, a porsi gli interrogativi religiosi fondamentali
- fa compiere il salto dal piano materiale a quello della bellezza.
Per una degna conclusione a questo terzo principio, però, l’ultima parola non può stare nella nostra sintesi, ma nel canto alla tecnica che Paolo VI intonò nel suo Discorso del giugno 1964 agli autori dell’Index Thomisticus del Centro Aloysianum. Un vero inno al valore spirituale della tecnica:
Il Nostro pensiero è sollecitato a considerare il valore di codesta attività (l’elaborazione elettronica dell’Index Thomisticus)… Superato un primo moto istintivo di difesa e di disagio, che nasce dall’accostamento di opere squisitamente spirituali, quali sono quelle di San Tommaso, a trattamento specificamente meccanico, ci si ricorda che codesta nuovissima operazione si aggiunge a un processo a Noi già ben noto e da tutti apprezzato: il pensiero, spiritualissimo verbo dell’anima, a un dato momento si fa parola, quindi scrittura e poi stampa. Non si è per questo materializzato; anzi, restando qual è, ha acquistato uno straordinario potere di diffondersi. È finito questo processo meraviglioso e utilissimo? No, ora la stampa si fa scheda e consente combinazioni nuove, delle quali abbiamo appena una vaga idea e non possiamo prevedere le innumerevoli conseguenze… Dove si arriverà? Non lo possiamo dire. La scienza e la tecnica, ancora una volta affratellate, ci hanno offerto un prodigio, e, nello stesso tempo, ci fanno intravedere nuovi misteri… Il cervello meccanico viene in aiuto del cervello spirituale… Voi avete applicato codesti procedimenti al testo della Bibbia latina? Che cosa avviene? È forse il testo sacrosanto che viene abbassato ai giochi mirabili, ma meccanici dell’automazione? O non è lo sforzo di infondere in strumenti meccanici il riflesso di funzioni spirituali che è nobilitato e innalzato a un servizio che tocca il sacro? È lo spirito che è fatto prigioniero della materia, o non è forse la materia, già domata e obbligata a eseguire leggi dello spirito, che offre allo spirito stesso un sublime ossequio? È a questo punto che il Nostro orecchio cristiano può udire i gemiti, di cui parla S. Paolo, della creatura naturale aspirante a un grado superiore di spiritualità?
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