Giovanni Amendola, L’Apocalisse dell’Intelligenza artificiale: il saggio e due domande all’autore
Il bel saggio di Giovanni Amendola, L’Apocalisse dell’Intelligenza artificiale, ha tutti gli ingredienti tipici di ogni buona riflessione teologica sulla tecnologia. Ha una considerazione sugli sviluppi dell’IA (Big Data, Machine Learning) e sui suoi pericoli, un avviso sulla necessità di un’IA etica e sui principi che dovrebbero regolarla, un richiamo a espressioni nuove circolanti (algoretica, algocrazia), l’accenno a autori imprescindibili (Han, Zuboff, Harari), il riferimento alla tendenza crescente alla quantificazione e all’hackeraggio dell’essere umano, l’inevitabile spruzzatina di Matrix, Kurzweil, Teilhard de Chardin e della Camera cinese. Poi ci sono dei punti teorici condivisi dalla maggioranza: l’inconfrontabilità tra sensorialità umana e quella di un robot; la differenza tra semantica e sintassi; la non riducibilità della coscienza al cervello.
Sin qui un saggio di teologia della tecnologia da manuale. Epperò, al suo cuore, Amendola inserisce l’intuizione originale che chiarisce il titolo e quasi ne ribalta il senso immediato: a tutti coloro che apocalitticamente prevedono un’imminente vita chiusa nell’infosfera, confinata nella realtà virtuale e dimentica della “realtà reale”, Amendola fa notare che anche questa “realtà reale”, per le grandi tradizioni culturali e religiosi, è “in realtà” un’apparenza. Il mito della caverna di Platone insegna qualcosa di diverso? E il velo di Maya? E il mondo “caduto a causa del peccato” della tradizione ebraico-cristiano lo si può definire il vero mondo? Allora, il nuovo scenario dei “condizionamenti algocratici”, visto come “radicale stato di schiavitù”, potrebbe fungere da “fattore di risveglio” da tutti gli “scenari alienanti” tradizionali.
Potrebbe essere lo shock definitivo e benefico: apocalittico in quanto rivelativo e non in quanto catastrofico. Gli sviluppi dell’intelligenza artificiale appaiono così “come un’estrema accelerazione impressa al processo evolutivo antropo-cosmico” che mette l’essere umano dinanzi “al bivio tra un paventato assoggettamento ai sempre più pervasivi sistemi di intelligenza artificiale e l’emersione e liberazione di quel potenziale spirituale in parte assopito”. Il cristianesimo crede fermamente nella seconda ipotesi. “In tal modo, gli sviluppi dell’intelligenza artificiale possono essere letti come segni dei tempi, frutto di quella creatività umana e divina al tempo stesso, rivelante l’agire dello Spirito nel mondo”.
Riportiamo i paragrafi 2 e 4 dell’articolo L’Apocalisse dell’Intelligenza artificiale, pubblicato in Gaburro S., Sabetta A. (a cura di), Elogio della porosità. Per una teologia con-testuale. Miscellanea di studi per il prof. Giuseppe Lorizio, Edizioni Studium, Roma 2023, 314-327. Alla fine, seguono due domande poste all’autore da Trascendente Digitale
Due domande:
TD: Caro Giovanni, un’intuizione mi è piaciuta particolarmente nel tuo testo. Ai vecchi brontoloni che dicono alle nuove generazioni: “smettetela di star tutto il giorno al computer. Andate al bar, in discoteca, al fast-food, allo stadio, quelli sono luoghi sani e intelligenti, quella è la vera realtà!” è come se tu dicessi: “vi sbagliate, neppure quella è la vera realtà! Lo sapevano bene i filosofi antichi e la sapienza orientale, lo profilava la tradizione ebraico-cristiana e lo gridava quella ellenistico-cristiana. Il vero mondo è ben altro!”. Intendo bene il messaggio, sebbene un po’ caricaturizzato?
Giovanni Amendola: Intendi molto bene. Il problema infatti non è quello di relazioni online o onlife che allontanerebbero dalle relazioni offline, per cui basterebbe un ritorno a queste ultime per uscire dalla crisi antropologica che stiamo attraversando. Ovviamente non si sta neppure negando il valore della presenzialità fisica nella relazionalità. Piuttosto, come sottolinei bene, si tratta di trovare in questa ulteriore accelerazione tecnologica una possibilità di uno scossone per un “risveglio” a relazioni autentiche che in “questo mondo” sono tutt’altro che naturali e immediate come le grandi tradizioni culturali e religiose hanno originariamente intuito.
TD: Si può dire che per te il ruolo della tecnologia nel Disegno divino sia quello di risvegliare l’umanità dall’assuefazione alla realtà fisica, o almeno sia uno dei suoi principali ruoli?
Giovanni Amendola: Direi di si, ma non in modo automatico, piuttosto perché rientra nel processo evolutivo antropo-cosmico guidato dallo Spirito e può essere pertanto concepito come una partecipazione all’agire creativo divino in atto in questo processo evolutivo. In questo senso tutto può concorrere e dovrebbe concorrere a questo risveglio nello Spirito per operare nella sua stessa direzione. E c’è come una sorta di pressione sempre maggiore verso questo potenziale risveglio. La crescita tecnologica in “questo mondo” accelera la divaricazione tra un’alienazione distruttiva ed un ritorno alla Verità di Sé.
Ho tentato di chiarire questo punto in un altro articolo: «La trasfigurazione dell’umano nei nuovi orizzonti delle scienze contemporanee», (in Vivarium. Rivista di Scienze Teologiche 31, 2023, nn. 1-2, pp. 93-118) che amplia l’orizzonte dell’intelligenza artificiale a quello dell’intera impresa scientifica.








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