Dottrina Tecnologica della Chiesa

Per una Dottrina Tecnologica della Chiesa  #2

2. La tecnologia ha qualcosa di miracoloso (quantomeno di mirabile)

Narra il Vangelo che tutti coloro che assistono ai miracoli sono accomunati da una reazione di meraviglia espressa dal greco biblico con il verbo thaumazo e dalla Vulgata latina con mirari. Lo stesso sostantivo miraculum deriva dal verbo mirari (ammirare, meravigliarsi). Dinanzi alla Legione di spiriti maligni dirottati nei duemila porci di Mc 5,20 o all’obbedienza dei venti di Mt 8,27 o alla guarigione di storpi, zoppi e ciechi di Mt 15,31 è impossibile non meravigliarsi. Lungo l’intero Vangelo di Luca poi, dal racconto dei pastori di 2,18 alla reazione di Pietro nella tomba vuota di 24,12, tutto è miracolo e un conseguente ricorrere al verbo mirari.

Pio XII, sebbene il primo a scrivere un’enciclica sul tema, non era stato il primo papa a stupirsi davanti alla tecnologia. Il predecessore Pio XI, il 12 febbraio 1931 alle 16:49, nel Qui arcana Dei, primo Radiomessaggio pontificio dalla Statio Radiophonica Vaticana, alla presenza dello stesso Guglielmo Marconi, aveva espresso il suo ringraziamento per la “mirabile invenzione marconiana”, perché tramite essa, “per arcano disegno di Dio”, poteva rivolgersi a tutto il mondo e, tramite uno speciale florilegio biblico debitamente aggiornato, poteva dire: “udite, o cieli, quello che sto per dire… udite, o genti tutte, tendete l’orecchio… udite, o isole, e ascoltate, o popoli lontani”.

Il Concilio Vaticano II avalla e rilancia. Il Decreto sugli strumenti di comunicazione sociale del 4 dicembre 1963 si intitola Inter mirifica: ancora il verbo del miracoloso incastonato nel titolo e nell’incipit del documento. “Inter mirifica tecnicae artis inventaTra le meravigliose invenzioni dell’arte tecnica che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato, la Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà spirituali dell’essere umano”. Anche la Dichiarazione conciliare Gravissimum Educationis, nel Proemio, menziona “gli sviluppi meravigliosi della tecnica”.

Tra l’Inter mirifica e la Gravissimum Educationis cade il Discorso di papa Paolo VI al personale del Centro di Automazione dell’Aloysianum di Gallarate (19 giugno 1964) retto dai Gesuiti e autore, tramite “cervello meccanico”, dell’indicizzazione delle occorrenze dei testi di san Tommaso. Nell’occasione Paolo VI parla di “moderna e mirabolante automazione”, di “processo meraviglioso e utilissimo”, di un “prodigio” offerto da scienza e tecnica “affratellate” che ci fanno intravedere “nuovi misteri”, di “giochi mirabili” dell’automazione che non abbassano lo spirituale al macchinico, ma che al contrario innalzano quest’ultimo a un servizio “che tocca il sacro”. Si può dire che al Papa questo metodo di elaborazione elettronico apparve come qualcosa di miracoloso.

Non minore fu la meraviglia e l’ammirazione di Giovanni Paolo II dinanzi alla stessa opera espressa apertamente nel Discorso del 28 marzo 1981 agli ideatori di “meccanismi tanto misteriosi nella loro complessità quanto mirabili nella loro perfezione… 56 volumi, quasi 70.000 pagine, 21 milioni di righe, più di un miliardo di caratteri elaborati, organizzati e fotocomposti elettronicamente con le macchine della meravigliosa tecnologia moderna”.

Giovanni Paolo II non si limita a questo: nella conclusione dell’Enciclica Redemptoris Mater il papa nomina le “mirabili scoperte” e i “risultati portentosi” della tecnica e della scienza mentre all’Università di Pisa, il 24 settembre 1989, accenna ai “prodigi delle tecnologie”. Nella Lettera apostolica “Il rapido sviluppo” del gennaio 2005, poi, riprende e enfatizza l’Inter mirifica, per celebrare i “meravigliosi strumenti della comunicazione”. E in queste righe ecco risuonare una delle esortazioni tipiche del papa polacco, stavolta declinata al tecnologico: “Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono ‘tra le cose meravigliose’ – ‘inter mirifica’ – che Dio ci ha messo a disposizione”. Perfino nel Discorso a Hiroshima del 25 febbraio 1981, Giovanni Paolo II sottolinea che “la scienza e la tecnologia sono un prodotto meraviglioso” che ci forniscono “possibilità meravigliose”.

Papa Benedetto XVI non si sottrae a quello che sembra ormai tradizione consolidata e, nella Caritas in veritate 69, ripete il medesimo aggettivo in relazione alla technologica progressione con le sue mirabilibus accomodationibus, applicazioni meravigliose o “strabilianti”, come traduce il testo ufficiale dell’Enciclica.

Papa Francesco, nella Laudato si’ n. 102, ripete la meraviglia dinanzi ai prodotti tecnologici citando il passo di Giovanni Paolo II a Hiroshima sopra riportato.

Senza dilungarsi in ulteriori attestazioni, è da annotare infine un particolare passaggio della Gaudium et spes. Al n. 33, la riflessione sugli esiti più rilevanti dell’attività umana, ottenuti “specialmente con l’aiuto della tecnica” conclude: “ne deriva che molti beni, che un tempo l’essere umano si aspettava dalle forze superiori, oggi se li procura con la sua iniziativa e con le sue forze”.

È lecito interpretare la frase come se significasse che molti eventi considerati un tempo alla stregua di miracoli oggi l’essere umano se li procura con la sola tecnologia? Non è un altro modo di dire che la tecnologia ha qualcosa di miracoloso? Il contesto non lascia intendere che si voglia preparare a qualcosa di negativo. Anzi il discorso prosegue sottolineando il grande valore dell’attività umana, mettendo persino in guardia i cristiani dal triste pregiudizio di contrapporre l’opera umana al Disegno di Dio.

Il Magistero non è certo tanto ingenuo da ignorare le conseguenze negative che dalla tecnologia possono deflagrare e anche su questi avvisi è doveroso porre attenzione. Tuttavia, un punto è certo nella dottrina tecnologica della Chiesa: la tecnologia ha qualcosa di mirabile.

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8 risposte a “Per una Dottrina Tecnologica della Chiesa  #2”

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