Pubblichiamo la seconda parte dell’articolo. La prima parte è stata pubblicata il 28 dicembre 2024.
Un robot icona
L’icona è lecita perché non confonde l’archetipo con l’immagine; propone, nel colore e nel disegno, l’azione di Cristo come raccontata nei Vangeli. In ultima analisi, l’icona media il divino e lo rende visibile.


È lecito domandarsi se robot come BlessU-2 o Mindar (rispettivamente a sinistra e a destra) siano compresi in questa definizione e se possono assolvere queste funzioni spirituali. Per questo confronto, il dispositivo SanTo è più appropriato e risponde meglio alle nostre necessità.

Ricordiamo che SanTO (ricordo che TO significa Operatore Teomorfico ) è un robot capace di rispondere alle domande sulla fede, citare la Bibbia e pregare insieme al suo utente. Può recitare il Rosario e le altre preghiere insieme a chi lo utilizza correggendo gli errori per aiutare la memorizzazione corretta, può anche crearne di nuove attingendo dalle Scritture e, in più, racconta la storia del santo del giorno.
È affiancato da CelesTE, un robot dalle sembianze di un angelo posato in cima a una colonna: le ali cambiano colore a seconda del tema trattato e nasconde un sensore di distanza nella croce. Inizia lodando il Signore e anche lui risponde a domande sul tema della fede. I teologi tedeschi lo hanno messo alla prova durante un incontro a Bochum. Gli hanno chiesto come comportarsi di fronte a un parente malato, oppure gli hanno chiesto consigli sul matrimonio.
L’angelo artificiale è programmato per non cadere nei tranelli, ma anche e soprattutto per non cedere alla tentazione di sostituirsi al sacerdote. In questi casi CelesTE risponde che non si deve chiedere a lui se andare a trovare la vecchia zia in fin di vita o se è venuto il momento di sposare la fidanzata. Però, pescando tra le Scritture, dirà qualcosa sulla malattia e sul matrimonio. Allo stesso modo dirà no alla richiesta di confessione, invitando a rivolgersi a un prete[1].
La prima obiezione nasce dalla reazione allo sguardo dato all’oggetto: può un prodotto tecnologico, una creatura della Creatura, una IA rappresentare Dio? Può Dio essere dentro un dispositivo digitale? Sono domande che si ponevano anche i primi iconoclasti: può il Dio invisibile essere dentro una materia corruttibile come il legno dell’icona? Ci sono voluti sette secoli affinché si accettasse l’idea che Dio fosse nella natura anziché essere la natura, nella materia anziché la materia, nella carne senza farsi peccato. Pensare a Dio ostile a questa o quella materia è un pregiudizio umano, è la conseguenza di una relazione con Dio di subalternità, di costante lontananza dove l’uomo è soggetto a continue purificazioni per essere degno di presentarsi al cospetto della Sua presenza.
È un pregiudizio tutto umano quello di rinchiudere Dio in categorie sacrali distinte e diviso dal mondo materiale, caduco e imperfetto. La difficoltà ha una giustificazione: per la prima volta nella storia dell’uomo il linguaggio è diviso dal pensiero. Una difficoltà aggravata dalla consuetudine di associare alla vita tutto ciò che si muove o parla, anche solo emettendo suoni e versi. Dietro la comunicazione verbale dei dispositivi digitali non c’è un’attività mentale capace di elaborare pensieri e di esprimerli in parole; un processo algoritmico seleziona parole su basi statistiche, le inserisce in un costrutto sintattico e le vocalizza secondo le regole foniche della lingua.
L’abitudine alla novità richiede tempo e adattamenti culturali. Da un punto di vista teologico si ripropone la questione delle immagini e delle statue già risolta con il Concilio di Nicea II. Rimangono gli ostacoli psicologici.
La tecnologia digitale non è una novità per la liturgia e le preghiere. Escludiamo da questa casistica la partecipazione attraverso i media contemporanei che sono già abitudini consolidate e concentriamoci sulle applicazioni digitali. Prendiamo il rosario: quanti dispositivi digitali sono disponibili? PREX, rosario digitale con altoparlante e cuffie, CLICK TO PRAY eROSARY, collegabile allo smartphone e poi i tanti dispositivi presenti su Amazon. Anche le app sono innumerevoli con preghiere, messali, propri del tempo… La tecnologia come mediatrice con il divino ha il pregio di poter trasformare qualsiasi momento in un incontro con Dio. Anzi, è un aiuto per guidare e ricordare il tempo dedicato alla relazione con Dio. Se l’icona ha la funzione di ricordare con le immagini ciò che abbiamo visto, a maggior ragione un robot può rammentarlo. Il momento contemplativo si avvantaggerebbe di questo aiuto sostenendo fattivamente il progresso spirituale.
Un robot-IA può essere benedetto come un’icona? Il Benedizionale[2] prevede benedizioni per un nuovo cantiere di lavoro, per incontri di lavoro, per officine, uffici, laboratori, impianti sportivi, sedi di apparecchiature tecniche, mezzi di trasporto, attrezzi di lavoro… perché un robot-IA dovrebbe essere escluso? La benedizione sugli strumenti tecnici ben si adatterebbe
Tu che nelle tappe del progresso umano
manifesti la tua provvidenza e la tua gloria,
concedi che quanti desiderano valersi
di queste invenzioni della tecnica
per migliorare le loro condizioni di vita,
riconoscano e servano te,
mirabile nelle tue opere,
termine ultimo di ogni umana attesa[3]
Nella contemplazione delle icone non esiste un dialogo, ma un discorso mentale con se stessi. Un robot-IA permette una sorta di dialogo con il pregio che tutte le risposte sono attinte dal Magistero e non può esserci occasione di interpretazione fuorviante. Il robot-IA sarebbe il più fedele custode del deposito fidei. Il dialogo interiore, minacciato dalla poco conoscenza o dalle cattive interpretazioni, verrebbe purificato e reso più veritiero.
Confronto
Un robot-IA rientra nella categoria delle immagini sacre. Le obiezioni possibili si concentrano sull’opportunità, sui rischi o su altre motivazioni psicologiche, non su basi teologiche. La più comune è il rischio di confondere il robot-IA con il divino rappresentato, cioè rendere il dispositivo oggetto di adorazione anziché venerazione, equivoco favorito dall’antropomorfismo del robot. Chi può negare seriamente questo rischio? Però non bisogna cadere nel determinismo e pensare che usarlo significa cadere necessariamente in questo errore: rischio e pericolo sono situazioni differenti. Il pericolo è il potenziale danno attuabile, mentre il rischio è la probabilità che un pericolo arrechi un danno. C’è il pericolo che il robot-IA venga adorato, ma il rischio va valutato onestamente.
L’utilizzo del robot-IA è rivolto principalmente agli esercizi di pietà popolare (rosari, devozioni particolari, agiografie, preghiere….) e in questo contesto devono essere compresi. Il Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia afferma:
Il Magistero, che mette in luce gli innegabili valori della pietà popolare, non trascura di segnalare alcuni pericoli che possono minacciarla: l’insufficiente presenza di elementi essenziali della fede cristiana, quali il significato salvifico della Risurrezione di Cristo, il senso dell’appartenenza alla Chiesa, la persona e l’azione del divino Spirito; la sproporzione tra la stima per il culto dei Santi e la coscienza dell’assoluta sovranità di Gesù Cristo e del suo mistero; lo scarso contatto diretto con la Sacra Scrittura; l’isolamento dalla vita sacramentale della Chiesa; la tendenza a separare il momento cultuale dagli impegni della vita cristiana; la concezione utilitaristica di alcune forme di pietà; l’utilizzazione di «segni, gesti e formule, che talvolta prendono una importanza eccessiva, fino alla ricerca dello spettacolare»; il rischio, in casi estremi, di «favorire l’ingresso delle sette e portare addirittura alla superstizione, alla magia, al fatalismo o all’oppressione»[4]
Ciascuno ha negli occhi degli esempi di questa carenza o eccessi spesso oggetto di satira feroce. Le carenze e i difetti non hanno impedito la diffusione di queste devozioni e gli errori della pietà popolare sono stati giudicati minori rispetto ai benefici. Le devozioni, elementi facoltativi della vita del Cristiano, aiutano e sostengono la fede specialmente nei momenti di crisi e di impossibilità alla partecipazione liturgica.
Il Direttorio suggerisce che:
Per porre rimedio a queste eventuali carenze e difetti della pietà popolare il Magistero del nostro tempo ribadisce con insistenza che occorre “evangelizzare” la pietà popolare, porla in contatto fecondo con la parola del Vangelo. Ciò «la libererà progressivamente dai suoi difetti; purificandola, la consoliderà, facendo sì che ciò che è ambiguo acquisti una fisionomia più chiara nei contenuti di fede, speranza e carità»[5]
La formazione deve aiutare a comprendere sia il patrimonio artistico della tradizione sia le forme attuali senza circoscrivere il bello in ristretti e immutabili canoni estetici. Un’icona bizantina è bella per i simboli usati (colori, vesti, posture…), simboli che vanno insegnati e compresi, ad esempio le mani coperte di Eva, la particolare postura delle dita nella benedizione, i colori bianco, blu, rosso e persino la direzione degli sguardi. Allo stesso modo occorre insegnare lo stile più moderno come il Cristo di San Giovanni della Croce di Salvador Dalì, una rappresentazione potente dell’opera salvifica di Gesù crocifisso. Sopravvive la convinzione che le immagini sacre siano necessariamente secondo uno stile bizantino o comunque tradizionale. Le opere a sfondo sacro di Gauguin, Picasso o Chagall non trovano ospitalità nel repertorio cristiano eppure sono espressione dell’attuale cultura. Questa assenza parla della difficoltà di vivere e comprendere il mondo odierno.
Fr. Paolo Mezzo, monaco iconografo cistercense, in un’intervista ha dichiarato:
Il Dio che dipingi è quello che ti porti dentro, quello che stai cercando, quello a cui desideri credere[6]
L’icona, quindi, rispecchia il Dio dell’autore, il suo modo di pensarlo, crederlo, sentirlo e lo propone come mediatore alla venerazione, cioè si guarda Dio attraverso gli occhi dell’autore. Una deformazione di cui si accusa l’IA e invece è realizzata, senza che ce ne accorgiamo, dagli oggetti più comuni che utilizziamo e riteniamo sicuri e affidabili. Il robot-IA, nel nostro caso, potrebbe presentare su uno schermo una galleria di immagini e proporre il repertorio eucologico e magisteriale in modo fedele, quasi pedante, senza mai scadere in interpretazioni creative.
Stesse considerazioni vanno fatte per il pericolo di trasformazione in un idolo per le persone più fragili e suscettibili. Proprio perché fragili sono maggiormente attaccate alla tradizione e poco inclini a cambiare in favore della stabilità e solidità desiderata. Anche gli scettici rifiuterebbero l’utilizzo. Rimangono, come utilizzatori potenziali, quanti sanno resistere al fascino tecnologico e non cedere alla illusione di un Dio tecnologicamente rappresentato.
Alla fine di questo confronto nasce un sospetto: perché dopo tutto questo tempo non c’è quel progresso del sentimento devozionistico verso la fede matura? Perché dopo secoli assistiamo ancora alle precessioni con flagellanti, inchini di statue e altre manifestazioni di religiosità naturale? Se da un lato manca la formazione dovuta, dall’altra gli spiriti più preparati rifiutano queste forme di odore pagano. Quale alternativa trovano? La nascita di questi dispositivi denuncia sia l’assenza di formazione e la mancata assunzione di responsabilità dei formatori, sia la lontananza della Chiesa dalla cultura attuale o il suo interesse preponderante per l’etica.
Proposte
La tecnologia offre strumenti senza obbligo di utilizzo. Così è per i robot-IA. La proposta di questi dispositivi non comporta la sostituzione di quelli attuali, sono una possibilità di scelta, un allargamento dell’orizzonte eucologico. Come potrebbero essere usati?
Un possibile utilizzo è l’esame di coscienza. Possiamo usare lo smartphone per ripensare la nostra giornata – a chi abbiamo scritto, telefonato, inviato email, dove siamo stati – e analizzare le nostre azioni. Il dispositivo potrebbe aiutare nella meditazione rammentandoci passi del Catechismo o del Magistero, pronunciare qualche brano dei Padri della Chiesa o brevi apoftegmi. Potrebbe tenere traccia del progresso spirituale o suggerire letture adatte… non sarebbe un surrogato del padre spirituale o della coscienza, sarebbe più un suggeritore o un diario intimo. Quante buone confessioni si potrebbero vivere con una migliore preparazione al sacramento?
Un esercizio utile è usare i robot-IA per verificare dubbi e convinzioni: è possibile l’interruzione della convivenza o la separazione dei coniugi? È possibile interrompere il supporto vitale in un paziente? Si possono cremare i defunti? Probabilmente non siamo interessati a queste domande, ma possono presentarsi con tragica improvvisazione. Quale risposta dare? Dove cercarle? A chi chiederle?
A volte non abbiamo il coraggio di nominare un dolore o una sofferenza oppure riconoscersi autori di un peccato o un vizio che ci umilia. Poterlo dire per la prima volta a voce alta ha un grande valore psicologico, sblocca una situazione e inaugura la fase di rinascita. Prima di confessarlo davanti a una persona, può tornare utile dirlo a voce alta con un robot-IA in un dinamismo in cui si è coscienti di avere di fronte una macchina, sentire la propria voce pronunciare ciò che non si ha il coraggio di dire è un aiuto enorme per arrivare ad ammetterlo nella confessione.
In conclusione i dispositivi IA rientrano nella categoria teologica dell’icona, hanno le stesse difficoltà. Di più, hanno la possibilità di verbalizzare il patrimonio magisteriale e liturgico offrendo un supporto pastorale ed eucologico senza sostituire il ruolo umano. La resistenza alla loro introduzione è paragonabile al rifiuto delle immagini, ma la spinta verso il riconoscimento venne dal basso, dai fedeli che spesso vivono la verità della fede prima dei teologi.
[1] Vedi M. Birolini «SanTo, il robot che aiuta a pregare» in Avvenire 5 luglio 2023.
[2] C.E.I., Benedizionale, 3 luglio 1992
[3] Ib. 982.
[4] Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, LEV, 202, 65
[5] Ib. 66.
[6] R. Zanini, «Dipingere icone svelando il Cristo che hai nel cuore» in Avvenire, 13 dicembre 2020
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