Introspezioni Alessandro Squilloni
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Incontro con Alessandro Squilloni

Un recente libro di Alessandro Squilloni ha sorpreso il pubblico per la sua scommessa di infrangere i confini tra arte fotografica, metafisica, tecnologia, teologia e discipline affini. Si tratta di Introspezioni. Dialoghi con la noosfera (Bandecchi & Vivaldi, Pisa 2025, 200 pp.), una raccolta di fotografie corredata da intuizioni filosofiche che iniziano dalla terra che quotidianamente calpestiamo e ci elevano fino alla dimensione che Teilhard de Chardin rappresentò con il nome di “noosfera”. Il libro suscita interesse e Trascendente Digitale ha inteso scoprire di più su un autore tanto originale.

Alessandro Squilloni ha gentilmente risposto alle nostre domande.

Trascendente Digitale (TD): caro Alessandro, le tue fotografie sembrano metafisiche, ammesso che si possa assegnare una tale qualifica all’arte fotografica. È un’immagine sbagliata?

“Credo che lo scopo essenziale della fotografia sia quello di allargare la realtà, non di riprodurla”, questo è il reale motivo per cui mi sono avvicinato al mondo della fotografia, senza entrarne ufficialmente. La necessità di scoprire nuovi percorsi della mia interiorità mi ha portato piano piano dentro quella strada. Ho sempre creduto che il naturalismo può non essere naturale, che il realismo non sia per forza reale e il vero sia, facilmente, verosimile. Ho vestito i panni di avventuriero del reale che annota un mondo oltre il reale. Credo che le mie immagini siano, spesso, anomale, vivono all’interno di una linea di demarcazione tra l’interiore e l’informale: evidenziano il contenuto di ciò che riusciamo a sentire, piuttosto che vedere, la dissoluzione della forma come mezzo per allargare la realtà.

TD: lungo il tuo percorso artistico hai avuto modo di incontrare personaggi a dir poco notevoli. Quale è stato il contatto che più ti ha sorpreso?

In tutti questi anni ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscere e collaborare con persone straordinarie. Tra le tante lettere ricevute, una mi ha colpito molto: quella della persona più influente del mondo, che, con estrema semplicità, mi ha scritto delle riflessioni che vorrei sintetizzare. “Ad Albert Einstein, presente ad una conferenza, fu chiesto quale arma potrebbe contrastare la potenza della bomba atomica e la sua risposta fu LA PACE. Prima di essere nominato Presidente di questa Nazione, ho scritto una lettera alle mie figlie, in cui spiego i miei ideali e i miei obiettivi politici. Ho sottolineato che il mio più grande desiderio fosse quello di mettere in luce i confini umani, di andare oltre le divisioni di razza e regione, di genere e religione, che ci impediscono di vedere il meglio in ogni essere umano. Quando vedo questo libro, penso che attraverso l’arte possiamo entrare nel cuore delle persone, mostrare chi siamo veramente.” Un momento unico, ricevere una lettera dal Presidente degli Stati Uniti d’America Barak Obama, che, con grande onore, ho inserito come prefazione del volume “Viaggio di un sognatore errante”.

TD: e veniamo nello specifico a Introspezioni (dialoghi con la noosfera)

“INTROSPEZIONI (dialoghi con la noosfera)” è il titolo dell’ultimo libro. Un volume che cerca di descrivere cosa accade un attimo prima di vedere concretizzata un’immagine. La sensazione che ho sempre percepito è che niente potrebbe esistere nell’arte senza una vera connessione con la noosfera, la sfera del pensiero umano, un livello evolutivo in cui la coscienza collettiva si manifesta e si organizza in forme sempre più complesse. La fotografia, spesso relegata al reale, può diventare mezzo per alimentare la sfera del pensiero umano, indicando, così, ai futuri viaggiatori informazioni per nuovi approfondimenti. Ciò che precede l’immagine è un’attesa silenziosa, una tensione tra il reale e il possibile. La fotografia, in questo stadio pre-iconico, non è ancora figura ma gesto mentale, intenzione latente. E’ pensiero che si affaccia sulla soglia della percezione, pronto a tradursi in forma. Nel suo stato embrionale, essa si connette alla noosfera, quel vasto campo di conoscenza collettiva che supera l’individuo, raccoglie le visioni, le memorie, i desideri di un’umanità intera. In questo dialogo invisibile, la fotografia si nutre di pensiero condiviso, diventa antenna sensibile dell’invisibile. L’immagine non sarà più semplice rappresentazione, ma epifania: una visione che prende forma non solo davanti agli occhi, ma dentro di essi, non più immagine “della” realtà, ma immagine “come” realtà, un atto di coscienza. Non si tratta solo di catturare ciò che vediamo, ma di connettersi un attimo prima di ciò che potrà accadere una volta sintonizzati con questo enorme “database”. Oggi opere di grande valore tecnico non vengono nemmeno quotate o considerate, mentre l’arte contemporanea, sempre più spesso con perfette assurdità, crea meccanismi incomprensibili nel mercato come se fossero delle bolle speculative di finanza tossica, a discapito della vera essenza dell’arte.

TD: vuoi dirci ancora qualcosa del libro di un fotografo che dialoga con la noosfera?

Il volume è articolato in vari capitoli, cinque in bianco e nero e uno a colori. Il muro di Berlino, simbolicamente, fa da spartiacque… cosa proveremmo a stare da una parte o dall’altra del muro? I capitoli cercano, attraverso le fotografie, di descrivere il nostro mondo attraverso una finestra sulla coscienza collettiva dell’umanità: è la testimonianza di un libro “aperto”, in cui le immagini interagiscono con i testi di Andrea Vaccaro e di Antonino Bove e viceversa, come essere tre autori dello stesso lavoro. Ognuno potrebbe togliere ed aggiungere un proprio capitolo senza, credo, alterarne il contenuto. Le immagini concorrono tutte per lo stesso fine ma, forse, una in particolare sintetizza tutto il lavoro, il volto del Cristo che sembra chiederci dove stiamo andando.

TD: un capitolo del libro è intitolato: “La Metafisica”

Nell’evoluzione del reale la noosfera assume un ruolo fondamentale per le nostre menti, non si arresta al solo pensiero, ma tende ad andare oltre, verso questo pensiero-coscienza-contemplazione-intuizione dell’assoluto: determina l’ascensione alla metafisica. Essa agisce come una lama sottile che, con rigore e lucidità, separa l’essenziale dal superfluo. La metafisica riporta l’attenzione della figura dell’essere, non aggiunge pensiero al pensiero, ma cerca di liberarlo dalle sovrastrutture riportandolo al nucleo del senso. Applicando il concetto al pensiero dell’arte, la riporta allo stato primordiale dove ciò che conta è l’elemento finale tralasciando tutto, anche l’artista.

TD: quali sono le esposizioni che ti hanno dato più soddisfazione?

Ho avuto il privilegio di esporre in luoghi unici ed iconici, alcuni di essi per la prima volta in assoluto si sono prestati ad accogliere una mostra fotografica. Uno dei più suggestivi, è stata la cornice della Pinacoteca nella Certosa di Firenze tra i dipinti del ‘600. Senza ombra di dubbio, i momenti più emozionanti ed appaganti sono stati quando ho conosciuto e collaborato con persone uniche. Una su tutte Gianna Ciao Pointer, che ha conosciuto nella propria vita artisti come Jaques Prevert, Marc Chagall, Pablo Picasso… solo per citarne alcuni.

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