tecnologia e scrittura
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Tecnologia e sapienza nella Bibbia – I parte

La tecnologia è l’arte contemporanea di dispiegare la hokmāh nel creato

Se la scrittura parla agli uomini di ogni tempo e cultura, possiamo trovare riferimenti al nostro tempo digitale? In questa prima parte, viene esposta la tesi principale.

Sebbene i termini “tecnica” e “tecnologia” siano assenti nel lessico biblico, i testi sacri offrono paradigmi sorprendentemente attuali. Nei racconti di 1Re 7 e 2Cr 2, Salomone richiede al re di Tiro un artigiano esperto per la costruzione del Tempio. Giunge Chiram, figlio di una vedova di Nèftali, descritto come “pieno di hokmāh” (sapienza), abile nel lavorare bronzo, argento, legno e tessuti preziosi. Il termine ebraico hokmāh – tradotto nella LXX con technē (1Re 7,14) e in Daniele 1,17 come sinonimo di arte pratica – rivela un’intenzionale sovrapposizione semantica tra sapere culturale e competenza tecnica.

Questa relazione trova sviluppo nel Siracide, che nel cosiddetto “poema dei mestieri” (Sir 38) contesta la superiorità dello scriba sull’artigiano: mentre l’intellettuale deduce la sapienza dall’astrazione, il fabbro o il vasaio divengono saggi (sophizomai) perfezionando la loro arte concreta. Una rivoluzione copernicana per l’epoca, dove il lavoro manuale non è più mera necessità ma percorso di sapienza, poiché “senza di loro non si costruisce una città” (Sir 38,32). La Sapienza 7,17-20 radicalizza questa visione: Dio è fonte sia della conoscenza speculativa (leggi della natura, cicli astrali) sia dell’abilità operativa, in una sinergia che unisce fisica e antropologia.

La tecnologia biblica emerge così come arte esperienziale: un sapere incarnato che nasce dalla pratica, respira di creatività e trasforma chi la esercita in “sapiente del mestiere”. Non a caso nel Nuovo Testamento Gesù è definito tekton (Mc 6,3): termine che evoca non un semplice carpentiere, ma un capocantiere con competenze progettuali, capacità di coordinare maestranze e padronanza di materiali – una figura tra l’ingegnere civile e l’architetto ante litteram.

Esegesi per l’Antropocene Digitale

Come applicare questa prospettiva alle sfide contemporanee? La Chiesa ci esorta a superare la riduzione del digitale a mero strumento: esso è ormai ambiente vitale che riconfigura tempi, spazi e relazioni (cfr. Documenti CEI su Comunicazione). Social network e piattaforme sono le nuove agorà dove si esercita la cittadinanza, specie per le giovani generazioni.

La Scrittura, lungi dall’essere muta su tali fenomeni, offre chiavi di discernimento: se la tecnica è espressione di hokmāh divina, allora il coding, l’intelligenza artificiale e gli algoritmi vanno compresi come moderne forme di quell’”arte del saper fare” che coopera con l’opera creatrice. Il compito del credente è abitare questi spazi con la stessa perizia di Chiram: trasformando la tecnologia da strumento neutro a luogo teologico, dove la sapienza biblica incontra l’innovazione per fecondare il reale.

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