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Divinizzazione tra transumanesimo e teologia cristiana

In un recente numero dello Stellenbosch Theological Journal, rivista della sudafricana Facoltà teologica dell’Università di Stellenbosch, il teologo Khegan Delport propone un’interessante riflessione sul rapporto tra transumanesimo e teologia cristiana, con particolare attenzione al concetto di divinizzazione, intitolata The artifice of eternity: transhumanism and theosis.

L’accostamento tra lo stato a cui mira il postumano e la condizione di divinizzazione promessa dal cristianesimo è già stato notato e dibattuto da qualche teologo. Delport ricorda al proposito i contributi di Ron Cole-Turner, Eugenia Torrance e Todd Daly. La maggior parte di simili argomentazioni teologiche confluiscono in un giudizio piuttosto severo contro lo sforzo prometeico o adami(ti)co del transumanesimo di superare l’attuale condizione umana tramite la ricerca tecnologica: la divinizzazione dell’essere umano è certa perché promessa dall’Evangelo, ma può giungere solo per grazia divina e non attraverso l’impegno umano. Inoltre, si adduce spesso che la tecnica, interferendo con l’ordine naturale, va conseguentemente contro Dio che di tale ordine sarebbe il Creatore e il Garante.

Delport ha parole assai decise contro una simile impostazione della questione:

«sostengo che la teologia dovrebbe diffidare di un gesto reazionario che mira a costruire una natura essenzializzata in contrapposizione a una natura culturale, artificiale e tecnologica. La teologia cristiana, a mio avviso, non può più sostenere un dualismo tra naturale e artificiale, intendendo con artificiale ciò che è fatto o costruito».

Questo dualismo tra natura e tecno-cultura, continua l’autore, non è un’opzione più praticabile per ragioni empiriche, filosofiche e teologiche:

«nei fatti, la separazione tra naturale e culturale non è realmente realizzabile; filosoficamente, è insostenibile; teologicamente, è già stata superata dalla tradizione con autori quali Massimo il Confessore, Giovanni Scoto Eriugena, Niccolò Cusano, Giambattista Vico e altri. …  Inoltre, vi sono altre figure più recenti, in particolare all’interno della tradizione cattolica, come Karl Rahner e Teilhard de Chardin, che forniscono un modello metafisico per affrontare le questioni delle interrelazioni tra natura umana, sviluppo evolutivo e tecnicismo in modi paragonabili, seppur profondamente diversi, dal transumanesimo».

La Nouvelle theologie con a capo Henri de Lubac,precisa più oltre l’autore, ha già messo adeguatamente in guardia i teologi «su come un dualismo tra natura e soprannatura non sia caratteristico del pensiero cristiano nel corso della storia, ma solo dei primi sviluppi moderni all’interno del tomismo scolastico e del nominalismo».

L’auspicio di Delport consiste nell’ordinare l’intreccio tra natura e tecno-cultura

« all’interno di una visione teologica e spirituale più onnicomprensiva …. In questo modo, la teologia e l’etica cristiane potrebbero recuperare alcuni degli impulsi cristiani originali all’interno del transumanesimo o del postumanesimo, contestando al contempo molti dei suoi presupposti teorici, riproponendo per un’epoca postmoderna qualcosa di simile al Paradiso di Dante, che immaginava il transumano o l’oltre-l’umano come un’immagine poetica per la glorificazione delle creature: un umanesimo teandrico».

La conclusione è decisa:

«A mio avviso, spetta alla teologia e all’etica cristiana non solo resistere attraverso denunce moralizzanti, ma fornendo un modo alternativo di immaginare e leggere il mondo. … La teologia cristiana dovrebbe fornire un resoconto robusto ed espansivo della creazione, dell’auto-creazione e del miglioramento tecnologico».

Il testo completo è qui https://www.scielo.org.za/scielo.php?pid=S2413-94672023000100016&script=sci_arttext

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